domenica 13 ottobre 2013

Primo scrutinio

Primo scrutinio:
18 aprile

Mi dicono fuori ci sia il sole. Gli altri escono. Io no. E non per senso del dovere. Sono appoggiato da dieci minuti ai bordi della scalinata. Passata la mia ultima ora a leggere di sport seduto al mio seggio, ho deciso di fare due passi. Prima della chiama. Mi sono stancato di tutto quell’amaranto. E’ una cosa che sto imparando a poco a poco. Prendere confidenza con questo posto. Mi avevano detto, al partito, “sarà un lavoro come un altro, non essere nervoso” ma era servito a poco. Ora sono di nuovo dentro all’aula. Lovati è appena uscito dalla cabina. Alzo lo sguardo sullo schermo. Mabelli, Macherio, Mannini, Marchini. Ancora tre e poi è il mio turno. Oggi non se ne farà niente. Ancora tutti a discuterne. Io ho deciso di votare per Dante Alighieri. All’inizio non volevo, poi ne ho parlato, così, per scherzare, con un collega, e lui mi ha rassicurato. “Io sette anni fa al primo scrutinio votai Topolino” mi ha detto ed io ho sorriso. Non parlo molto. Non parlavo molto prima, ma da quando sono qui dentro parlo ancora meno. Parlo poco con i miei vicini di seggio, poco con i compagni del partito. Per niente con gli altri. Oggi,alla buvette, è venuto il vicesegretario e mi ha detto “ragazzo ti vedo troppo spaesato, devi ambientarti di più”. Io ho annuito ,ma lui ha capito subito che non sapevo come fare. Ad attaccare bottone, qui dentro, non ci vuole nulla. Anche in fila per prendere il caffè puoi scambiare due chiacchiere con chi ti sta a fianco. Qualcuno ci prova con le ragazze più giovani. Butta lì qualche frase un po’ sorniona e poi se ne va sorridendo e lasciando un caffè e un cornetto già pagati. In consiglio comunale avevamo la macchinetta delle bevande fuori dalla sala e se si veniva fuori da una seduta un po’ agitata alcuni continuavano a litigare su chi ci fosse davanti e dietro in fila. Io cedevo sempre il mio posto volentieri. Ci mettevo mezz’ora per prendere il caffè. A volte infilavo la moneta e poi era finito. Qui è tutto così immenso che ti senti importante anche se non lo sei. Io non valgo nulla, e lo so. Far politica mi piace. E’ la mia passione. Ma sono stato messo in lista grazie al nostro segretario in regione, che mi conosce da quando era sindaco nel mio paese, e ha proposto il mio nome alla dirigenza. Uno dei candidati per svecchiare un po’ le liste. Quando lo sono andato a trovare in ufficio per ringraziarlo di avermi proposto, mi ha sorriso e mi ha detto “ho tanta fiducia in te, ragazzo, hai delle buone idee e secondo me puoi far carriera nel partito, però, ricordati, è la tua prima volta, se vuoi avere un futuro, evita di fare stronzate”. Era sincero quando me l’ha detto. Non c’era malizia. Fare stronzate significa voler farsi notare a tutti a costi. Quindi alzare la mano alla riunione del gruppo e dire che magari tu quella cosa la vorresti fare in un altro modo. Quindi votare in dissenso rispetto al gruppo. Quindi rilasciare dichiarazioni alla stampa con troppa frequenza e troppo frequentemente a briglia sciolta. Ognuno ha le sue idee, ma ,per quanto belle possano essere, quando hai ventisette anni e vieni eletto qui dentro , puoi permetterti di farle sapere in giro solo fino a un certo punto. Per ora stai zitto. Poi, dicono loro, se sei intelligente capirai il momento giusto per iniziare a parlare.
Io forse ho esagerato col senso del dovere. Sono rimasto chiuso dentro l’aula per praticamente tutto il tempo della chiama. E, dopo aver votato, sono sicuro che al massimo mi concederò una passeggiata. E mai fuori. Fuori, non so perché, mi sento quasi un traditore.
Macherio, Mannini, Marchini, Margiotta. Uno di meno. Il mio turno si avvicina. Guardo Macherio che entra. Mannini aspetta poco lontano da lui. E Margiotta? Chi è Margiotta? Gli altri due li conosco, li ho visti alle riunioni del gruppo. Margiotta mai. Sarà di un altro partito. Mi guardo attorno. Fra i gruppi di tre o quattro che stanno parlando fra loro, l’unica che aspetta è una ragazza. Avrà la mia età. Forse anche un paio di anni in meno. Sarà lei Margiotta? Mi viene su una curiosità incredibile. Anche perché, devo dire, lei è carina. Forse il tailleur verde scuro me la fa sembrare migliore di quel che è…ma no, no, la guardo in faccia spostandomi un po’ di lato e confermo che è carina davvero. Mi chiamano. Marchini. Prendo in mano il foglio dal commesso. Entro nella cabina. Scrivo velocemente “Dante Alighieri”. Piego il foglietto ed esco di fretta.  Voglio aspettarla all’uscita. Per vedere se è lei. Quando infilo il foglio ripiegato nell’urna di vimini alzo gli occhi e sul tabellone Margiotta già non c’è più. In quel momento , dalla cabina a fianco della mia, esce. Avevo ragione. E’ lei Margiotta. Ha votato velocissima. Scheda bianca, sicuramente. Mentre la guardo passare e alzare il braccio per salutare una collega della sua stessa età, inizio a pensare. Quali sono i partiti che hanno detto di votare scheda bianca, a parte il mio? Tutti tranne uno. Ok, quindi per sapere di che partito è glielo dovrò chiedere. Questo equivale a dire che non lo saprò mai. Chi ha il coraggio di chiederglielo? Sta ancora parlando con la sua amica. Devono conoscersi da tempo. Secondo me parlano di gossip. Lei ha la faccia di una da gossip. Margiotta. Ora viene raggiunta da un’altra donna, appena un po’ più anziana. Quest’altra la conosco, e se Margiotta è una sua collega i miei dubbi sul partito di provenienza sono spariti. Maledizione, è proprio quello che sopporto di meno. Ora posso dire che sarà praticamente impossibile parlare con lei. Mi verrebbe da prenderla a schiaffi. E’ tutto molto innaturale. Alla prossima votazione, o al massimo domani, dovrò votare un nome per un presidente condiviso dalla maggior parte delle forze politiche. Condiviso anche dal suo partito. Ma questo, almeno adesso, non mi crea molti problemi. Forse perché è una cosa lontana. E’ un nome scritto a penna su un foglio. Forse perché se lo farò sarà perché me lo hanno detto, ed io sono qui anzitutto per non fare stronzate, se voglio avere un futuro. Ma qui è diverso. Qui si parla di una persona in carne ed ossa che crede in qualcosa che io ho sempre disprezzato. Sin dall’adolescenza. Credo si capisca, è una cosa molto più umana. Carnale. Fisica. Ci si guarda e si pensa “sei proprio una cretina”. Magari lei penserebbe lo stesso di me. Oppure no?

Guardo l’orologio e mi dico che ho fame. Potrei rimanere a mangiare qui dentro, ma mi ero ripromesso di concedermi una passeggiata,pur breve. Salgo al mio seggio, prendo il giornale e mi avvio verso l’uscita. Saluto un paio di colleghi. Mi invitano a mangiare con loro. Mento dicendo che sono già impegnato. Appena fuori chiamerò mia madre. E’ in pensiero, non mi sente da due giorni. Sono grande e grosso ma lei si preoccupa sempre. Crescendo in un paese relativamente piccolo, vicino a città relativamente piccole, non si riesce ad apprezzare in pieno la grandezza del caos che comunica Roma. Oggi però fa caldo e la gente è a casa a mangiare. Un giorno come tanti. Qualche passante mi vede uscire dal palazzo e rimane un attimo a guardarmi. Io cambiò strada e mi infilo in vicoli che conosco da troppo poco tempo e mi ci potrei anche perdere. Spero di trovare una trattoria che mi faccia una buona carbonara. Poi di corsa al palazzo. Di nuovo dentro. Ad aspettare.

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